Stare a casa per fermare il contagio da Covid-19 ma chi non ha una casa, come fa? Chiara Mondaini, coordinatrice Polo9 al Tetto per Tutti, struttura dedicata ai senza dimora, ci spiega come stanno affrontando l’emergenza.
Stare a casa. Ma chi non ha una casa come fa? È questa la domanda imposta a chi si occupa di senza dimora. Una domanda che si aggiunge a tante altre: come gestire i centri di accoglienza per evitare che la presenza di un contagio porti alla chiusura di un servizio essenziale per i senza dimora? Questi giorni al Tetto per Tutti sono paradossali rispetto a ciò che si vive fuori. Chi è senza casa, non sa dove cercare riparo durante il giorno. Lo slogan #iorestoacasa per i nostri utenti senza dimora, suona quasi come una presa in giro. Ma dalle 19 alle 8 nei primi 15 giorni di emergenza quello slogan ha avuto più senso, al Tetto hanno trovato riparo e conforto. Attualmente, data la situazione, abbiamo garantito la possibilità di restare tutto il giorno. “Si sono ritrovati a condividere un periodo più lungo del solito di permanenza in struttura, non sanno quando potranno uscire e questo non dispiace quasi a nessuno paradossalmente. Si sentono una famiglia per la prima volta. Questa è il grande paradosso: viverla quasi come un’opportunità di vicinanza, di unione ma rispettando il metro di distanza di sicurezza – ci racconta Chiara Mondaini, coordinatrice Polo9 al Tetto per Tutti – Nelle ore diurne erano soli e impauriti, non sapevano dove trovare riparo. Dalla prima ordinanza non sono stati fatti né nuovi ingressi né dimissioni. Ad oggi è un gruppo di quindici persone e sono nate delle amicizie. Ci voleva il virus per fare in modo che ciò accadesse. Si aiutano, si sostengono. Sono tutti molto responsabili rispetto alle misure da adottare. Per assurdo – continua Chiara – stiamo vivendo una situazione molto bella dove si respira entusiasmo e fiducia. Ovvimante non mancano problemi di natura organizzativa come adeguare il centro alle nuove disposizioni e non è stato facile nel giro di poche ore e con scarse risorse. Ma… – e qui torna a sorridere – gli ospiti sono meravigliosi e ci hanno dato una grandissima mano. Si prendono cura del centro e degli spazi e gli uni degli altri”.
L’estensione delle norme anti-virus su tutto il territorio nazionale rendono l’aiuto ai più deboli ancora più difficile. Dati Istat parlano di 50 mila persone senza dimora, di cui 7 mila solo a Roma, persone che non hanno una struttura abitativa o un contesto che possa favorire la possibilità di gestire una situazione critica come questa e il problema riguarda tutti, non solo i senza tetto. Chi non ha un’abitazione nella quale isolarsi, pur avendo compreso la gravità della situazione e sforzandosi con buona volontà di rispettare le regole, ha molta difficoltà ad adeguarsi alle norme igieniche di base, per non parlare della complessità nel reperire i dispositivi di protezione non avendo le risorse economiche.
Polo9 si è attivata per fornire tutte le informazioni multilingue. Sono stati predisposti i dispositivi di sicurezza, quali gel, mascherine e fazzoletti, e sono state intensificate le pulizie delle superfici e degli ambienti, con una sanificazione ad hoc dopo ogni utilizzo. Inoltre, viene fatta rispettare la distanza minima di sicurezza e il contingentamento dell’afflusso delle persone negli ambienti unici. Attualmente il compito di Polo9 è duplice: proteggere le persone senza dimora che ospitiamo e tutelare il lavoro dei nostri operatori. “L’emergenza – ci spiega Chiara – deve portare anche a rivedere il sistema di accoglienza, ripensando il ruolo dei centri e dando il giusto valore a chi opera nel settore della fragilità e del disagio sociale”. L’emergenza imposta dal coronavirus sta cambiando le nostre vite. A Polo9 ci auguriamo che parte di questo cambiamento porti ad una nuova visione che non escluda ancora di più chi vive ai margini.
Condividi