Cos’è il disorientamento? La mancanza di orientamento nel tempo e nello spazio. Barbara Fontana, coordinatrice polo9 del Centro Diurno Il Granaio, psicologa psicoterapeuta ci accompagna in una riflessione sul momento che stiamo vivendo che esula dalle nostre abitudini e le stravolge, sfugge al nostro controllo e anche per questo ci fa così tanta paura.
È stra-ordinario il momento che stiamo vivendo, qualcosa che esula dalle nostre abitudini e le stravolge, sfugge al nostro controllo e anche per questo ci fa così tanta paura. Abbiamo la sensazione di non essere più padroni di noi stessi, sperimentiamo l’impotenza della condizione umana di fronte ad un nemico invisibile, che sembra poter governare le sorti del nostro vivere. Non possiamo prevedere quando tutto questo finirà, quanto durerà il nostro isolamento, le restrizioni che tanto stanno condizionando la nostra libertà. Per chiunque di noi è importante dare un senso al tempo, perché la dimensione temporale scandisce ogni nostra esperienza psicologica e di vita e l’isolamento in casa, privati dei ritmi usuali e spesso frenetici a cui siamo abituati, lontani dai nostri affetti, ci fa perdere i riferimenti e ci costringe a rinunciare alla socialità e al bisogno fondamentale dell’uomo, che è quello di sentirsi parte di un gruppo, di sperimentare l’inclusione e l’appartenenza, sprofondando in un doloroso senso di solitudine.
Quindi… disorientamento, solitudine, perdita del senso di sé e della libertà, paura, impotenza sono la fotografia del vissuto che ognuno di noi sta sperimentando in questo difficile periodo stra-ordinario, che forse può portare la nostra riflessione ad una strana analogia con il vissuto, non stra-ordinario, ma quotidiano di un malato di Alzheimer, la malattia che rosicchia l’autonomia della persona, divorandosi giorno per giorno la sua identità.
Credo che questa riflessione possa essere preziosa per chi deve approcciare la malattia di un familiare e gestirne la fatica fisica e psicologica, ma forse può servire anche a noi tutti per riscoprire un po’ di quel senso di comunità, che potrebbe farci sentire un po’ meno soli nei momenti difficili, perché è solo attraverso il tentativo di calarsi nel vissuto degli altri che possiamo comprenderne l’intensità e i bisogni.
Non è diverso il bisogno di amore, di riconoscimento, di appartenenza e anche di allegria di un malato di Alzheimer da quello di chi la malattia non ce l’ha; lo stiamo sperimentando oggi, noi tutti, piegati da un virus cattivo che mina le nostre sicurezze, quanto sia importante accorciare le distanze con gli affetti dai quali siamo temporaneamente separati, oggi la tecnologia ce lo consente, o quanto sia salvifico rifugiarsi in pensieri leggeri, attraverso l’ironia o la facile risata, nonostante le immagini terribili di camion militari in sfilata che ci atterriscono; nello stesso modo la malattia d’Alzheimer non è la fine della vita ed è un diritto del malato quello di poter ancora sperimentare momenti di gioia, attingendo alla parte di sé ancora vitale e desiderosa di aggrapparsi alla vita.
Abbiamo bisogno di speranza, di non farci annientare dall’angoscia e dalla paura di perdere la vita, nostra e dei nostri cari, per azione di un virus ancora implacabile o per azione di una malattia altrettanto feroce che calpesta la nostra identità e che allo stesso modo ci porta via ogni giorno un po’ di vita.
La pagina dolorosa che stiamo vivendo passerà, ci lascerà delle ferite, molte perdite che per qualcuno saranno vuoti incolmabili, ma per la maggior parte di noi tutto questo finirà e potremo finalmente tornare ad una vita normale. Nessuna esperienza però ci lascia come ci ha trovati e forse questa fetta di vita così surreale, che ci ha messo a confronto con le nostre fragilità, personali e collettive, farà vacillare un po’ di quella supponenza di donne e uomini onnipotenti, ci farà riscoprire il valore della vicinanza, quella vera, della condivisione e ci aiuterà ad incontrare con comprensione umana gli occhi di chi è destinato a rimanere nell’isolamento e nella paura, perché l’abbiamo conosciuta e abbiamo avuto la fortuna di uscirne.
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