Dipendenze Tecnologiche. Federica Guercio, psicologa psicoterapeuta polo9 ci accompagna in una riflessione su quanto internet e la connessione senza soluzione di continuità siano diventate un appiglio per coltivare relazioni, lavorare e trascorrere il tempo. Tutto quello che poteva essere detto “pericoloso” ora sta diventando importante, se non essenziale.
“The Web does not just connect machines, it connects people”
Il web è più un’innovazione sociale che una innovazione tecnica. L’ho progettato perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare e non come un giocattolo tecnologico. Il fine ultimo del web è migliorare la nostra esistenza reticolare del mondo. Di solito noi ci agglutiniamo in famiglie associazioni e aziende. Ci fidiamo a distanza e sospettiamo appena girato l’angolo (Tim Berners Lee)
Le dichiarazioni del padre fondatore del World Wide Web sembrano oggi più che mai opportune. In tempi in cui lo smart working è diventato una modalità ordinaria di lavoro, la rete si presenta a noi con una nuova veste, come una enorme possibilità di superare i limiti fisici che abbiamo ereditato nei secoli precedenti, come strumento di collaborazione e socializzazione: efficace, flessibile e capace di resistere ad occasioni eccezionali come questa emergenza che ha visto compresse molte delle nostre libertà costituzionali.
L’OMS ha da poco dichiarato che l’utilizzo sociale della rete può essere una grande risorsa. La tecnologia ha quindi mutato il suo aspetto, da strumento che distrae a strumento indispensabile per poter mantenere la vita relazionale e proseguire l’apprendimento, la formazione e il lavoro.
Dove è finita la dipendenza tecnologica o da internet come la si voglia chiamare?
In realtà la comunità scientifica è sempre stata molto cauta sulla definizione e il riconoscimento di una “dipendenza patologica” verso la tecnologia. Il Disturbo da abuso di internet è stato incluso nel DSM 5, (il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali a cura dell’Associazione di Psichiatria Americana), con l’intento di stimolare la ricerca sulla verifica dei criteri; l’Oms ha incluso il “gaming disorders” nella categoria dei disturbi dovuti all’uso di sostanze, pur con poche evidenze, per avviare dei programmi sanitari dedicati e un monitoraggio del disturbo e delle sue manifestazioni. Sono numerose le evidenze scientifiche che dimostrano come la iperc-onnessione provochi rischi per la salute, soprattutto in età evolutiva. La dipendenza però è qualcosa di diverso, implica l’integrazione di una complessità che forse ad oggi non siamo ancora in grado di compiere. Ad esempio nel caso della tecnologia il “tempo di utilizzo” non può essere l’unica variabile a definire la presenza della dipendenza, proprio come un consumo eccessivo di alcool non definisce una persona alcolista. Occorre spostare l’attenzione sull’uso che viene fatto, se ad esempio assolve la funzione di socializzazione e interesse o al contrario di ritiro e isolamento sociale. E’ proprio per questo che oggi, nel vivo di questa emergenza, possiamo dire che “non siamo tutti dipendenti”.
Che cosa ha portato a vedere internet come una dipendenza?
La visione di internet come una dipendenza è stata portata con grande clamore dagli adulti e riferita solo ai giovani; cioè mentre tutto il mondo utilizzava il web, solo gli adolescenti erano ritenuti dipendenti.
Sarà stata la velocità con cui è entrato nelle nostre case, la rapidità con cui ha trasformato le nostre vite e il modo di dialogare con i figli, la sensazione di non saper più come rapportarci a loro, il vederli catturati, rapiti, dal web senza che nessuno chiedesse un prezzo per riaverli. Una ineluttabile separazione, e una vanescente pianificazione del loro futuro, hanno creato una profonda angoscia, gestita in parte etichettandola in una patologia, senza contemplare che se così fosse stato avrebbe dovuto riguardare anche gli adulti. L’angoscia ha veicolato anche un altro messaggio ambivalente: i genitori hanno prima incoraggiato i figli a trascorrere più tempo a casa protetti nelle loro camere, lontani dai pericoli della vita reale, poi li ha giudicati per un eccessiva inerzia e un iper-coinvolgimento nel mondo virtuale. Angosciati quindi dalla separazione prima nel modo reale poi in quello virtuale.
In che cosa e come sono cambiati i giovani? Qual è il loro vero rapporto tecnologia?
Parlare dei giovani sulla base della propria esperienza individuale, è una tentazione alla quale non dobbiamo cedere perché possiamo commettere errori di valutazione. Si rischia infatti di leggere i comportamenti e interpretare i bisogni degli adolescenti con una visione stereotipata a volte pregiudiziale, mediata da principi e capi saldi non più validi o non più sempre appropriati. Non sono cambiati i “compiti di sviluppo” e il loro assolvimento ( maturità sessuale, acquisizione dell’identità, conquista dell’autonomia) ma le modalità per svolgerli e soprattutto gli ostacoli e le criticità che possono incontrare per risolvere le vecchie “crisi” hanno un altro colore un altro stile. Prendiamo ad esempio i temi della trasgressione, del conflitto e dell’affermazione di sé come persona autonoma attraverso lo scontro, vengono attribuiti a questa fase della vita come se fossero gli unici mezzi per conquistare l’adultità. Le cose sono cambiate, la famiglia tradizionale si è completamente modificata e anche se questo è noto da molto, quello che è più chiaro oggi è che la famiglia è diventata “affettiva” e non più normativa. Riconosce le componenti emotive dei propri figli e i bambini sono educati alla espressione dei propri bisogni, alla creatività, sono precocemente resi adulti. Vengono investiti di aspettative di alta performance spesso ideali, finalizzate a gratificare i genitori. Non c’è nulla di male nel desiderare che i propri figli abbiano una vita di successo, ma questa sarà tale solo se loro la vorranno non se costretti a raggiungerla per qualcun altro.
Come si fa ad entrare in conflitto con una famiglia così?
Attraverso la delusione di queste aspettative; allora la trasgressione diventa la delusione che prima sperimentano su loro stessi, perché a questa età si scoprono i propri limiti e che ancor prima dei loro genitori debbono gestire e questo può divenire un aspetto critico del percorso di crescita. La iper-connessione può essere un modo di gestire le difficoltà evolutive, può diventare un impegno e distrazione per gestire le difficoltà soprattutto se non vengono decodificate. Quindi diventa un elemento da osservare perché può essere predittivo dello sviluppo che può evolvere verso una forma di dipendenza. Affinché la tecnologia diventi uno strumento di evoluzione e il web assolva la funzione sociale per cui è stato pensato, occorre lavorare sull’acquisizione di una saggezza digitale, che formi le nuove generazioni sia alla consapevolezza dei rischi e benefici ma soprattutto allo sviluppo di competenze che transitano dentro internet, come ad esempio capire come reperire e integrare la complessità delle informazioni.
Bibliografia
ICD11 (International Classification of Diseases)
DSM V Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali Cortina Editore
Lancini. Cosa serve ai nostri ragazzi. I nuovi adolescenti spiegati ai genitori agli insegnanti e agli adulti UTET.
Condividi